Inanna | Il Mito

Inanna | Il Mito

Un albero-huluppu, albero sacro piantato sulla riva dell’Eufrate viene portato via dalla corrente. Inanna lo trova, lo porta a Uruk, la sua città, e lo pianta nel suo giardino sacro (femminile che salva). Inanna spera di ricavare dal suo legno un trono e un letto. L’albero viene però abitato da un serpente, un uccello Anzu e dal demone Lilith, creature senza legge, governate dall’istinto. Inanna chiede aiuto al fratello Gilgamesh che scaccia le creature (maschile che assegna il potere creando debito di riconoscenza).

Inanna vuole sposare un agricoltore ma il fratello e la madre (complice del volere maschile) la convincono a sposare il pastore Dumuzi. Inanna accetta riluttante, ma poi tra i due nasce la passione che rende la dea consapevole del suo potere erotico e istintuale.

Inanna si reca dal Dio della Saggezza, i due bevono insieme e nell’ebrezza questi regala ad Inanna i Me ovvero le sacre leggi del cielo e della terra. Ripresosi dai fumi dell’alcool il Dio della Saggezza si pente del regalo fatto e rivuole indietro i Me. Inanna non ci sta e, aiutata dalla serva Ninshubur (risorsa interiore della stessa Inanna), ingaggia una battaglia portando al sicuro i Me sulla nave del cielo fino alla città di Uruk. (Inanna impara una sana aggressività e a difendere ciò che vuole. Questa lotta in nome del desiderio moltiplica i Me che si trovano sulla nave, i quali sono ben più di quelli con i quali era partita).

Inanna scende nell’oltretomba (viaggio interiore nel profondo) in occasione del funerale del marito della sorella, raffigurata come una sorta di strega (aspetto “sotterraneo” e terrifico del femminile e della stessa Inanna), e da quest’ultima è annientata e uccisa.

Dopo tre giorni durante i quali Inanna giace morta nell’oltretomba, la serva fedele Ninshubur chiede aiuto al Dio della Saggezza che manda due esseri, i Galla, dalla sorella di Inanna nell’oltretomba a recuperare il suo cadavere. Inanna, dopo questo viaggio dentro sé stessa è pronta a ritornare nel mondo senza più il bisogno ossessivo di essere buona, bella e di piacere.

Per poter tornare dal regno dei morti qualcuno dovrà però prendere il suo posto. Alla fine la scelta della Dea ricade su Dumuzi che Inanna trova sul suo trono per niente preoccupato per la scomparsa della sposa. Emergono la furia e la forza di Inanna contro un Dumuzi simbolo del patriarcato, che verrà chiamato a giudizio. Dumuzi vorrebbe sfuggire al proprio destino, ma è inseguito dai demoni Galla che alla fine riescono a prenderlo e a condurlo nell’oltretomba.

La madre e la sorella di Dumuzi implorano Inanna di ritrovare il loro caro e la sorella chiederà anche ad Inanna di concederle di dividere il tempo nell’aldilà con il fratello, passando nel regno dei morti metà anno ciascuno. Inanna, dopo la spietatezza del fare giustizia, ritrova la generosità e l’accoglienza e accetterà di mutare entrambi i destini. Il viaggio di Dumuzi, non descritto esplicitamente poiché secondario nel mitologema femminile, rappresenta anch’esso una esperienza introspettiva e iniziatica e apre alla possibilità che il risveglio femminile possa generare quello maschile, così che anche l’uomo possa maturare una nuova consapevolezza. (Inanna offre a Dumuzi il dono della discesa per ritrovare la propria anima).

Il finale della narrazione mitologica parla di “utopia del desiderio” e vuole porre l’accento sulla necessità di immaginare un nuovo ordine universale. L’ultimo episodio infatti è quello della condivisione fra maschile e femminile semidivini di un compito, sotto l’egida benevola della Dea: insomma, non si finisce con la guerra, il taglio violento, l’esercizio de potere, come ci si aspetterebbe in una logica patriarcale. Il trionfo della Dea è dell’ordine dell’amore e della accoglienza.

“Proporre l’immaginario sacro della Dea alla coscienza contemporanea credo aiuti le donne a riconoscere le proprie attitudini, le proprie potenzialità e ad autorizzarsi ad agire nel mondo secondo modalità proprie; ma può aiutare gli uomini a vedere questa complessità ormai desueta e che tanto faticano a cogliere, a non averne paura; entrambi a comprendere, standosi a fianco nella meraviglia e nell’amore.”

Sonia Giorgi, Il Mito di Inanna, Aracne 2015

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